lunedì 19 ottobre 2009

"si bello..ma la durata!?"


"Debeers" proclamava un diamante per sempre: era implicito il richiamo ad altri concetti più che a quel pezzetto di carbonio pressato, rimane il fatto comunque che poche cose possono definirsi "per sempre". Questa digressione per confutare la frequente tesi che vorrebbe una casa in edilizia tradizionale "per sempre".
Proprio ieri confrontandomi con un amico, nemmeno così refrattario a concetti di bioedilizia, mi sentivo dire "io farei comunque il primo piano (terra) in edilizia tradizionale o pietra, poi salirei ai piani superiori con la bioedilizia, così se un domani dovessi avere dei problemi al massimo rifaccio tutto il piano superiore, ma la base rimane intatta".
La mia prima reazione, filtrata e mai pronunciata, mi portava a pensare al disastro che si propspetterebbe qualora dovessi rifare la metà superiore di una casa con la magrissima consolazione che il piano terra rimarrebbe intatto; se davvero ci fosse questa remota possibilità di perder i piani superiori escluderei a priori la bioedilizia!
Senza entrare tanto nel merito di questa proposta, penso a tutti i cornicioni, balconi, infiltrazioni e via discorrendo, che affliggono case vecchie e nuove proprie dell'edilizia tradizionale. La casa in bioedilizia non è la casa perfetta, così come non lo è quella del mattone. Nulla è per sempre, tutto richiede manutenzione e cura: cambieranno i problemi, ma gli interventi mirati e puntuali nel tempo saranno richiesti da ambo le soluzioni. E' pertanto difficile stabilire chi abbia bisogno di più cure nel tempo, in maniera unanime comunque si tende a dire che non c'è nulla di più o di meno a favore della bioedilizia per le opere di manutenzione.
Per illustrare le foto pubblicate, un esempio di "edilizia tradizionale" fatta di mattoni, ferro e strutture con alto tenore di ingegneria: il ponte (ex) sul fiume Po nella provincia di Piacenza. Quasi nessuno lo ha saputo, i Tg nazionali hanno dedicato pochissimo spazio e solo per l'edizione delle 13. Da poco più di quattro mesi Piacenza ha visto il suo unico ponte che la lega alla Lombardia (escluso quello dell'A1) cadere in acqua. Nessun morto, un solo ferito ancora in ospedale. Solo il fato ha voluto che i connotati non fossero quelli della tragedia. Il sottoscritto passava su quel ponte la sera prima, senza alcuna retorica sottolineo il fatto che anche in questo caso un ponte non è per sempre e proprio l'incuria e la cattiva manutenzione hanno fatto si che un giunto su una pila ormai dimenticata da decenni abbia ceduto. Ora non sono a proporre un ponte in legno, stile Bassano, semplicemente tutti dobbiamo essere sensibili al fatto che molte delle certezze che abbiamo sono effimere...NULLA E' PER SEMPRE, e soprattutto se abbiamo sempre fatto in un modo una cosa non per questo dobbiamo continuare a farlo!


giovedì 8 ottobre 2009

Una nuova idea da inseguire: la sezione Aurea


Nell'ambito dell'arte e della matematica si indica con sezione aurea il rapporto fra due grandezze disuguali, di cui la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la loro somma, mentre lo stesso rapporto esiste anche tra la grandezza minore e la loro differenza. In formule, indicando con a la lunghezza maggiore e con b la lunghezza minore, vale la relazione:


(a+b) : a = a : b = b : (a-b)


Tale rapporto vale approssimativamente 1,618. Il numero ricavato che esprime la sezione aurea è un numero irrazionale, cioè rappresentabile con infinite cifre decimali (non tutte uguali a 0 o 9); esso può essere approssimato, con crescente precisione, dai rapporti fra due termini successivi della successione di Fibonacci, a cui è strettamente collegato.


Sia le sue proprietà geometriche e matematiche, che la frequente riproposizione in svariati contesti naturali e culturali, apparentemente slegati tra loro, hanno impressionato nei secoli la mente dell'uomo, che è arrivato a cogliervi col tempo un ideale di bellezza e armonia, spingendosi a ricercarlo e, in alcuni casi, a ricrearlo nell'ambiente antropico quale "canone di bellezza"; testimonianza ne è forse la storia del nome che in epoche più recenti ha assunto gli appellativi di "aureo" o "divino", proprio a dimostrazione del fascino esercitato.


Nel 1202 Leonardo Fibonacci pubblica il suo Liber abaci, il libro col quale si diffonderanno in Europa le cifre indo-arabe, semplificando le modalità di calcolo nelle operazioni quotidiane. Nel medesimo libro, Fibonacci introdusse per la prima volta, se pur involontariamente, il concetto di successione ricorsiva, con la successione:


0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, ...in cui ogni termine è la somma dei due precedenti, la successione di Fibonacci.



Ad insaputa dello scopritore, anche la successione che porta il suo nome è indissolubilmente legata alla sezione aurea; il rapporto tra i due argomenti fu tuttavia scoperto solo qualche secolo più tardi da un altro matematico durante il periodo rinascimentale.



Il rinnovato interesse per il numero aureo in epoca rinascimentale può essere ascritto ad un altro libro, il “De divina proporzione” di Luca Pacioli (pubblicato a Venezia nel 1509 e corredato di disegni di solidi platonici di Leonardo da Vinci), nel quale si divulgava a una vasta platea di intellettuali l'esistenza del numero e delle sue innumerevoli proprietà, fino ad allora appannaggio soltanto di una più ristretta cerchia di specialisti. Il medesimo libro scalzava inoltre la definizione euclidea, unica dicitura col quale il numero veniva chiamato, reinventandone una completamente nuova di proporzione divina, dove l'aggettivo "divina" è dovuto ad un accostamento tra la proprietà di irrazionalità del numero (che lo rende compiutamente inesprimibile per mezzo di una ratio o frazione) e l'inconoscibilità del divino per mezzo della ragione umana:



« Commo Idio propriamente non se po diffinire ne per parolle a noi intendere, così questa nostra proportione non se po mai per numero intendibile asegnare, né per quantità alcuna rationale exprimere, ma sempre fia occulta e secreta e da li mathematici chiamata irrationale [7] »



La relazione tra il numero aureo e la serie di Fibonacci, rimasta ignota anche a Luca Pacioli, fu scoperta nel 1611 da Keplero, come rilevano i seguenti passi di una sua lettera:


« ... questa proporzione [...] che gli odierni [...] chiamano divina [...] è congegnata in modo tale che i due termini minori di una serie nascente presi insieme formino il terzo, e gli ultimi due addizionati, il termine [a loro] successivo, e così via indefinitamente, dato che la stessa proporzione si conserva inalterata [...] più si va avanti a partire dal numero 1, più l'esempio diventa perfetto. Siano 1 e 1 i termini più piccoli [...] sommandoli, il risultato è 2; aggiungiamo a questo il precedente 1, e otteniamo 3; aggiungiamogli 2, e otteniamo 5; aggiungiamogli 3, e abbiamo 8; 5 e 8 danno 13; 8 e 13 danno 21. Come 5 sta a 8, così, approssimativamente, 8 sta a 13, e come 8 sta a 13 così, approssimativamente, 13 sta a 21.[8] »




Keplero aveva praticamente scoperto che il rapporto fra due numeri consecutivi della serie di Fibonacci approssimava via via, sempre più precisamente, il numero aureo.



sabato 3 ottobre 2009

L'importanza dei tecnici specializzati


“Il risparmio energetico di un’abitazione nasce innanzitutto da una corretta progettazione mirata al massimo guadagno solare ed alla protezione passiva da caldo e freddo. Una casa ben concepita fa risparmiare sino dalla spesa iniziale di acquisto e diviene un investimento economico negli anni”

Ho voluto citare il messaggio di benvenuto del blog "caseprefabbricate.blogspot.com" un messaggio chiaro che a mio avviso vuole spazzare via ogni credenziale di disegnatori ammaliati dal puro e solo istinto di ricerca del particolare di design. In parole povere non si può inseguire il puro design senza considerare concetti imprescindibili quali esposizione al sole quindi orientamento polare, piuttosto che il numero ed il tipo di aperture sulla casa, la scelta delle fonti di riscaldamento e così via dicendo. Il messaggio apre poi a tante altre valutazioni per le quali capiremo la figura del professionista essere cruciale.

In molti credo, come noi del resto, rimangono incantati dai cataloghi offerti dalla diverse major della bioedilizia: di fronte a così tante case "finite" l'idea è quella di potersi affidare a loro per ricevere un progetto pronto chiavi in mano e così da iniziare i lavori di costruzione senza troppi intermediari. In Italia questo non si può fare, per diversi motivi. Da una parte è vero il fatto per cui la Wolfhaus o Haas di turno potrebbero fornire un progetto della casa dimensionato e studiato con calcoli strutturali, tuttavia non sono sufficienti: rimangono da definire platea di sottofondo (ed eventuali scantinati/tavernette), senza considerare la responsabilità per l'apertura del cantiere e via dicendo. Per tutte queste cose rimaniamo legati ad un progettista. Inizialmente la cosa non è facile da digerire, "ah la solita Italia, ufficio complicazione cose semplici", con il passare delle settimane poi si capisce però che il corollario che segue la costruzione di una casa è estremamente vario e sconfinato. Avere un buon progettista permette innanzitutto di modificare un progetto campione difficilmente in linea con tutte le nostre aspettative, ma soprattutto permette di studiare ed approcciare nel miglior modo possibile alla costruzione della casa a 360°.

La nostra esperienza è iniziata nel migliore dei modi accordando fiducia ad un architetto che ormai ha fatto della sola bioedilizia il suo quotidiano lavorativo. Ora armiamoci di una buona matita e tanta pazienza.

Perchè una casa di legno?


Stupore, incredulità, scetticismo, compassione. Siamo soliti cogliere reazioni variegate tra tutte le persone a cui con entusiasmo comunichiamo la scelta di costruire una casa di legno. Nella migliore delle ipotesi viene richiamata l'immagine dello chalet di montagna con i geranei sempre fioriti sui balconi e subito ci viene puntualizzato "bello eh..ma a Piacenza?". Nel caso peggiore invece viene ricordata la tanto bistrattata favoletta dei tre porcellini: con piglio ci sentiamo rimproverare il non aver imparato nulla dalle storielle raccontate da nonni e genitori. A proposito di porcellini allora la diciamo tutta: avevamo pensato anche alla paglia! Eh già non possiamo non citare in questo post l'amico Gigi, certo tra i fautori di questo nostro avvicinamento sempre più concreto alla biodilizia. Sono stati i suoi corsi di autocostruzione di case di paglia a spingerci in maniera così decisa verso concetti non così innovativi (signori abbiamo sempre costruito case in paglia o in legno) ma che certamente oggi appaiono più nuovi in chiave di risparmio energetico. E' bene chiarire fin da subito che in realtà anche la casa in mattoni del terzo maialino cadde distrutta a causa di un terremoto, quindi mettiamoci l'anima in pace il destino dei tre porcellini era segnato a prescindere dalla casa, oggi pertanto senza paura ci avvicianiamo alla casa di legno perchè:
  • l'offerta tecnica è sicuramente superiore e più innovativa rispetto a quella di una casa in edilizia tradizionale
  • risparmio energetico, quindi consumi di gestione più bassi
  • materiali che strizzano maggiormente l'occhio all'ecologico (senza retoriche finte)
  • perchè in fondo appare come una casa "normale"
  • perchè vogliamo metterci in discussione per primi per aiutare madre natura...
Ma soprattutto perchè basta entrare una volta in una casa di legno per capire come aria, ambiente calore siano differenti rispetto ad una casa normale!